Nel 1846 l’editore americano John O’ Sullivan coniò l’espressione “Manifest Destiny” per simboleggiare l’idea della ineluttabilità della corsa verso Ovest, come se la diffusione su tutto il continente, a scapito dei Nativi, fosse per gli Stati Uniti una missione assegnata da Dio. "Le ricche e belle valli del Wyoming" - scriveva O' Sullivan "sono destinate al sostentamento della razza bianca. L'incalcolabile ricchezza è stata messa ad Ovest dalla Provvidenza per premiare gli spiriti coraggiosi e gli Indiani devono farsi da parte o essere sopraffatti dal progresso".
A causa della vendita della terra o della rimozione forzata, ben presto diverse migliaia di Indiani non avevano più un posto in cui vivere e molti di loro non avevano nemmeno da mangiare a causa del massacro sistematico del bisonte, principale approvvigionamento di cibo dei Nativi. Vivere nelle "Riserve" era per loro come vivere in un altro mondo, un mondo orribile che si era appalesato all'improvviso. Una volta dentro alle Riserve essi non erano più autorizzati a lasciarle e se fuggivano erano brutalmente perseguitati dall'Esercito, poiché ciò che era stato ottenuto era indispensabile per il trionfo del Destino Manifesto.
Allora alcuni grandi Capi capirono che occorreva reagire. Lo fece Geronimo l'Indomabile alla testa degli Apache, Chief Joseph (Nez Percè), Cochise (Chiricahua), Toro Seduto (Hunkpapa). "Il cane che lecca una mano non vede il coltello nascosto nell'altra" aveva detto il più grande di tutti: Tashunka Witko, ovvero Crazy Horse, Cavallo Pazzo, Sioux Oglala che guidò gli Indiani alla più memorabile e schiacciante vittoria sui bianchi, quella a Little Bighorn. "Se il Grande Spirito mi avesse voluto bianco, mi avrebbe creato così, ma non è necessario per un'aquila essere un corvo". A Cavallo Pazzo sono attribuite imprese memorabili ed è talmente leggendario che tutti i Nativi sono convinti che il suo spirito aleggi ancora nella prateria.
Quanto ai bianchi, se è vero che non lo temono più, ne sembrano ancora infastiditi tanto che, se arriverete a Fort Robinson, Nebraska, nessuno vi indicherò il luogo della sua morte. Ascoltate le sue parole nel documentario THE WEST INSIDE o leggete la sua storia poetica e tragica ad un tempo della sua breve vita nell'omonimo Ebook.
Quella mattina, nuotando nelle fresche e limpide acque del fiume Little BigHorn "Due Lune", capo di una Tribù di Cheyenne del Nord, era probabilmente pervaso da sentimenti contrastati. Lasciandosi scivolare, quasi senza increspare la lenta corrente verso sud, sentiva di certo un senso di orgoglio e pienezza per quel raduno che, proprio dietro alla collina, riuniva Lakota e Cheyenne, Hunkpapa ed Harapao, Miniconju, Sans Arc, Piedi Neri e molte altre comunità nel più grande Consiglio Indiano che nessuno di loro avesse mai visto.
Centinaia di tende si stendevano per miglia lungo il corso del fiume e, nell’assaporare il momento, Due Lune si compiaceva del dolce rumore dell’acqua sulle rocce e respirava a fondo l’aria del mattino che purificandosi tra i pioppi tremuli e le genziane giungeva fino a lui.
Probabilmente considerava, con un velo di malinconia, che quel Consiglio sarebbe stato l’ultimo. L’ultima cerimonia che il popolo delle praterie aveva perpetrato attraverso i secoli ed ora stava per essere spazzata via dalle Giacche Azzurre, guidate da Lunghi Capelli. Forse, ad acuire il suo scoramento, gli giungeva da lontano il vociare dei ragazzi.
Io sto ascoltando i grilli, nascosti nell’erba e guardo la valle e la statale molto più in basso, distante diverse miglia. Di tanto in tanto mi rimanda un bagliore riflesso su un auto che passa senza alcun rumore. Un bagliore repentino nella calma innaturale di questo campo di battaglia.
Due Lune si deliziava ancora nel torrente mentre la storia, rapida, gli correva incontro. Alzato lo sguardo oltre la collina sul versante opposto rispetto all’accampamento vide salire distintamente una lunga colonna di polvere. Per capire gli bastò un attimo. Lunghi Capelli stava per arrivare. Poi, la concitazione, l’acqua increspata, il balzo a cavallo, la corsa, ventre a terra, fino all’accampamento, poi le grida, i guerrieri che radunano i cavalli, le donne che chiamano i bambini, e di lassù i soldati che avanzano.